La privacy delle donne: con l’avvento delle nuove tecnologie e dei social media, negli ultimi 30 anni, la cyber-violenza di genere è in costante crescita. Una impennata che ha impatti importanti a livello sociale ed economico su donne e ragazze. Sulla società in generale. Attualmente, a livello europeo, non esiste un approccio politico unitario in merito all’annosa questione. Va però detto che l’Europa, insieme ad istituti e associazioni impegnate a livello continentale, si sta muovendo in difesa dei diritti della privacy, delle donne in particolare.

Istituto europeo per l’uguaglianza di genere

L’Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) è una agenzia impegnata nell’affermazione dell’uguaglianza di genere all’interno e all’esterno della comunità europea. Con dieci anni di esperienza nella raccolta di dati, nella conduzione di ricerche e nello sviluppo di risorse, l’EIGE è diventato il centro di conoscenza dell’UE per la parità di genere. L’istituto, al passo con i tempi, ha dedicato una sostanziosa sezione del suo portale alla cyber-violenza. Una sezione che raccoglie testimonianze e statistiche per rilevare disuguaglianze di genere per poi portarle all’attenzione dei piani alti europei. Questa area del portale dell’associazione è dedicata totalmente al tema della cyber-violenza.

Dati allarmanti

A darci un termometro preciso di quanto la cyber-violenza di genere riguardi prevalentemente le donne è questa indagine svolta dal Parlamento europeo nel 2021. Dal documento si deduce che la maggior parte degli abusi perpetrati tramite mezzi tecnologici ha come vittima le donne.

Violenza e violazioni della privacy

Sempre secondo una ricerca dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, il 70% delle donne che subiscono cyber-stalking, subiscono anche violenza in forma fisica.

Cyber-stalking

Entrando nel pieno del tema privacy, il primo reato perpetrato (in particolare contro le donne) tramite mezzi tecnologici è, prevedibilmente, il cyber-stalking. Un reato che si interseca quasi sempre con la violazione della privacy. Le modalità più diffuse nell’ambito delle cyber-molestie implicano spesso il furto di identità digitali, hackeraggio di account, diffusione di materiale e informazioni personali senza consenso (azione che spesso sfocia nel revenge porn).

Stalkerware

Rimanendo in tema cyber-stalking è doveroso sottolineare l’esponenziale nascita di nuovi software che involontariamente agevolano le nefaste intenzioni di controllo da parte di uomini sulle donne. Stiamo parlando dei cosiddetti stalkerware, programmi in grado di spiare e tracciare la vita privata della vittima. Per fare un esempio pratico, stalkerware sono, banalmente, anche quei programmi che utilizzano i genitori per poter controllare, per esempio, che il figlio minore non visualizzi contenuti inappropriati durante la navigazione in rete. Programmi che nascono a “fin di bene” ma che, se utilizzati con fini di spionaggio, possono creare grossi problemi alle ignare vittime. Queste applicazioni operano in modalità stealth, ovvero di nascosto. È piuttosto semplice immaginare come, una volta installato un programma di questo tipo il maltrattante possa a quel punto controllare totalmente la vita della vittima. È infine importante rimarcare come questi programmi siano legali e facilmente acquistabili e installabili su ogni tipo di macchina (smartphone, PC, tablet).

Studi datati

Nonostante il tema sia caldo, attuale e urgente, va sottolineato che gli ultimi studi attendibili sulla questione sono datati. È del 2020 l’analisi effettuata dalla prestigiosa organizzazione World Wide Web Foundation, analisi che ha evidenziato come il 52% delle giovani donne e delle ragazze (intervistate su un campione di donne di 180 Paesi) aveva subito abusi online come la condivisione di immagini, video o messaggi privati consenso, linguaggio offensivo e minaccioso, molestie sessuali e fake news. L’ultima attendibile indagine europea, datata 2014, ha evidenziato come che il 19% delle donne intervistate ha ricevuto messaggi offensivi o minacciosi il 3% ha ricevuto commenti offensivi online, l’1% ha subito la condivisione di video personali sui social network oppure nelle chat di applicazioni di messaggistica. Incrociando i dati delle due indagini appare evidente come: 1) ci sia stata una escalation di questo tipo di reati 2) è necessario un aggiornamento dei dati e degli studi sul tema.

Donne più colpite dall’odio on line

L’odio on line colpisce anche gli uomini . Va detto. Così come va detto che le proporzioni del fenomeno in relazione al target femminile è nettamente più ampio e che le conseguenze dal punto di vista sociale assumono contorni differenti (senza addentrarci in temi che meriterebbero approfondimenti a parte, proviamo ad immaginare soltanto l’intromissione nella privacy delle donne iraniane quali conseguenze possa avere). Proprio sul tema “Donne e diritti di genere”, Amnesty International, dal 2018 dedica uno studio intitolato “Il barometro dell’odio”, studio dal quale emerge chiaramente come i commenti on line generati sul tema in questione produca ben un commento su tre a stampo sessista da parte di uomini. Per chiudere l’avvilente carrellata di dati, segnaliamo anche il risultato di una indagine italiana del 2019 dell’osservatorio Vox Diritti, studio che evidenzia come il 63,1% dei Tweet con contenuti d’odio sono rivolti a donne.

Concludendo

In questa giornata dedicata alla festa della donna, affidiamo la conclusione di questo articolo alla speranza che sul tema della cyber-violenza sulle donne (come sulla violenza fisica) si faccia di più e in fretta, soprattutto per difenderne la privacy.

Jaera team

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