Ferrari smentisce attacco hacker. Nella giornata di ieri, 3 Ottobre, la testata Red Hot Cyber ha lanciato l’allarme riguardo un attacco ransomware subito dalla casa del Cavallino. Notizia poi rilanciata da praticamente tutte le testate nazionali. La news del noto portale specializzato in cyber sicurezza riportava un data breach di ben 7 GB, dati per i quali gli hacker avrebbero chiesto un riscatto. L’attacco, firmato dal gruppo RansomEXX è, come detto, di tipo ransomware ed è stato annunciato tramite il sito web della stessa organizzazione, accessibile soltanto sotto rete TOR.
Documenti riservati on line
Nella post di rivendicazione del gruppo appare un documento con marchio Ferrari, come prova dell’avvenuto “furto”. Da quanto ha riportato la cyber gang i documenti sottratti sono file interni, datasheet, manuali di riparazione delle automobili e altri non specificati documenti riservati.
La nota di Ferrari
Nonostante le “prove” portate dai cyber criminali ed il conseguente polverone mediatico scatenatosi ieri – 3 Ottobre – oggi la casa di Maranello con un comunicato ufficiale ha voluto precisare che le attività dell’azienda non hanno subito rallentamenti:
Siamo consapevoli del fatto che alcuni media hanno segnalato la possibile perdita di informazioni da parte nostra e la presenza di alcuni documenti online. Stiamo lavorando per identificare la fonte dell’evento e mettere in atto tutte le azioni necessarie.
In arrivo “Purosangue”
Il presunto attacco hacker arriva in un momento particolarmente importante per Ferrari. È infatti previsto nelle prossime settimane il lancio della prima auto crossover dell’azienda, il quattro posti “Purosangue”. Come si evince dalla nota, Ferrari ha sì smentito l’attacco, ma anche affermato di essersi messa subito in moto per verificare le rivendicazione della Gang, alzando ovviamente il livello di guardia.
Il mistero dei dati rubati
Se da una parte c’è la smentita da parte di Ferrari, dall’altra ci sono le pubblicazioni on line e la rivendicazione di un gruppo, La Cyber Gang RansomEXX, attivo dal 2020 e “celebre” per i suoi attacchi di tipo ransomware, con i quali ha spesso ottenuto riscatti in criptovaluta dalle sue vittime. Sperando che l’allarme lanciato ieri dalla stampa risulti un fuoco di paglia, restiamo con le antenne alzate per eventuali aggiornamenti sulla “misteriosa” vicenda dei dati rubati.