Cassazione e Autoriciclaggio, caso Compro Oro. Portare al compro-oro gioielli rubati, poi fusi in cambio di contanti per vederli trasformati in denaro integra una condotta di auto-riciclaggio?

La risposta è Sì

Lo sostiene il Procuratore della Repubblica. Quando il soggetto autore del furto, pone in essere l’immissione nel mercato di beni proventi di reato attraverso la vendita a terzi, integra a tutti gli effetti il reato di autoriciclaggio (ex articolo 648-ter del cp).

La Cassazione; sentenza n. 36180/21

Lo ha confermato la Cassazione, con una sentenza del 5 Ottobre 2021. La vendita dei monili, successiva alla condotta illecita e funzionale a dissimulare la provenienza dei beni, integra un’attività economica produttrice di reddito che va, pertanto, perseguita. Cassazione e Autoriciclaggio. Caso Compro Oro. Farà da linea guida anche per sentenze future?

Nel dettaglio la sentenza n. 36180/21,

La sentenza è frutto di un ricorso di un Pm contro l’ordinanza del riesame che disponeva la custodia in carcere di un’indagata, escludendo, tuttavia, la gravità indiziaria per il reato di autoriciclaggio. La donna vendeva, recandosi ad un compro oro, oggetti e gioielli trafugati, per poi fonderli, ottenendo somme di denaro.

Il Tribunale di Brescia

La vendita dei gioielli, per il Tribunale di Brescia – che pur ovviamente ha constatato ed agito sugli altri reati commessi dalla persona in questione – non era integrabile all’aggravante di condotta riconducibile all’autoriciclaggio. In termini generali, in sostanza, il Pm ha riconosciuto come ovvio l’attività economica illecita da parte dell’indagata, ma non l’ulteriore reato di autoriciclaggio.

Una sentenza “storica” della Cassazione su Autoriciclaggio e Compro Oro

La presa di posizione della cassazione, si può considerare storica, perché integra il reato di autoriciclaggio a quello di attività economica illegale. Una attività economica che, ha spiegato Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti: “è sicuramente considerata un’attività economica, utile a integrare la condotta di autoriciclaggio”. In sostanza, il reato “base” è funzionale ad un secondo reato, quello dell’autoriciclaggio appunto.

In conclusione, entrando nel dettaglio

Giovanni D’agata ha rafforzato il concetto:

“L’attività di autoriciclaggio è successiva alla condotta illecita furtiva, funzionale alla dissimulazione della provenienza illecita dei beni, in quanto l’immissione nel mercato degli stessi, attraverso la compravendita, ostacola concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa e, infine, la vendita trasforma i beni in denaro integrando sicuramente una attività economica produttrice di reddito. Mettendo un punto: immettere beni sul mercato, proventi di furto, attraverso la vendita a terze parti, integra l’attività economica illecita – il furto stesso – con il reato di autoriciclaggio”

Sentenza che mette in discussione, almeno in questo caso, la clausola di non punibilità di alcune condotte riservate all’autoriciclaggio – e non al riciclaggio – ed apre scenari legislativi di cui tenere assolutamente conto.

 

Jaera team

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