231/2001 un caso particolare. Se un reato presupposto non è compreso nel catalogo 231 – nel caso che andremo ad affrontare in particolare il delitto di estorsione – può un Giudice condannare un ente per autoriciclaggio, considerando che l’estorsione non è compresa nel catalogo dei reati previsti ai sensi del D.Lgs. 231/2001?

Prima di rispondere alla domanda, va tenuto presente che tra i cardini indicati dal D.Lgs n. 231/2001 vige il principio di tassatività in virtù del quale si configura la responsabilità amministrativa in capo all’ente in relazione all’elenco dei reati presupposto indicati nel decreto. Andiamo adesso a vedere un caso pratico in cui il Giudice ha riscontrato responsabilità dell’ente – nonostante il principio di tassatività –  per autoriciclaggio – reato-presupposto da catalogo 231 – per fatti riguardanti il medesimo reato commessi dai suoi legali rappresentanti sulla base di una precedente estorsione – reato non presente nell’elenco 231 –

Un esempio pratico

Sul punto, per sottolineare quanto sopra descritto – anche se solo sfiorandolo – è intervenuta, in tempi relativamente recenti, la Suprema Corte di Cassazione con la sua sentenza n. 25979/2018, la quale ha riconosciuto una responsabilità 231 in capo all’ente per autoriciclaggio derivante dal reato di estorsione.

In questo esempio, il giudice di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società attraverso un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Brindisi, ritenendo – di fatto – sussistente a carico della stessa responsabilità 231 per il delitto di autoriciclaggio in relazione ai proventi dell’estorsione perpetrata a carico di propri dipendenti. Proventi che sarebbero stati, in seconda istanza, utilizzati per pagamenti in nero. La questione che ci siamo posti nel primo paragrafo sembra avere una risposta piuttosto chiara, seppur particolare, in questo caso.

La norma

Per comprendere quanto detto, è bene ricordare che il D.Lgs. 231/2001 individua le ipotesi di responsabilità amministrativa in capo agli enti. Al suo interno, il legislatore fornisce un elenco tassativo di reati – cd. reati presupposto – dal quale può scaturire tale tipo di responsabilità, ove gli stessi siano compiuti da persone fisiche legate all’ente – soggetti apicali o sottoposti, quest’ultimi intesi come dipendenti o soggetti che operano per nome e per conto dell’Ente in virtù di un mandato e/o di qualsiasi accordo di collaborazione o conferimento di incarichi – a vantaggio o nell’interesse dell’ente medesimo. Reati presupposto, tra l’altro, in costante aggiornamento come abbiamo sottolineato in un passato articolo.

Particolare è l’ipotesi in cui il reato di autoriciclaggio – presente nell’elenco dei reati presupposto – derivi a sua volta da un reato non contemplato del catalogo 231.

Ulteriori considerazioni

231/2001 un caso particolare. Perché l’esempio portato possiede elementi che lo rendono “particolare”? Come detto in cima, una delle questioni interessanti, legate al caso specifico, riguarda la configurabilità della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 nel momento in cui il delitto – es. autoriciclaggio – sia compiuto a seguito di un reato presupposto non ricompreso nel novero di quelli tassativamente previsti dalla normativa. La sentenza in esame sembrerebbe sposare una tesi estensiva dell’elenco dei reati-presupposto.

Una domanda sorge spontanea: l’attrazione di qualsiasi reato come “fonte” dell’autoriciclaggio interferisce sul principio di tassatività?

La sentenza come spunto di redazione del modello

La sentenza che abbiamo preso in esame può essere uno spunto universale di riflessione per la redazione del modello, sulla stesura del quale ci sono due correnti di pensiero. La prima corrente afferma che – come riportato da Cass, sez IV, 21 Gennaio 2014, n.3635 – se si ampliassero eccessivamente i reati-presupposto, la società si troverebbe a redigere modelli in cui verrebbe meno il fine preventivo, andando in contrasto con i principi di legalità e determinatezza, di cui al decreto 231/2001. La seconda corrente ritiene che non verrebbe meno il fine preventivo se, nella redazione del Modello l’azienda ponesse l’attenzione non sull’area di rischio del reato stesso, quanto sul rafforzamento degli strumenti/protocolli diretti a prevenire il maggior rischio derivante da attività economiche e finanziarie dei proventi delittuosi.

Jaera team

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