Privacy e videoclip. Divulgazione e sfruttamento dell’immagine altrui, quali limiti porsi?

A quanto pare la Sony, condannata a risarcire per violazione del diritto alla riservatezza una donna apparsa insieme all’amante in un video di Gigi d’Alessio, ha agito quantomeno con leggerezza.

Il fatto

La notizia di qualche giorno fa ha destato clamore. Se non fosse una questione seria, serissima, ci sarebbe stato da sorridere. Una donna è stata ripresa, senza consenso, durante un video del cantante in Piazza Plebiscito a Napoli, tenendo per mano un uomo.  Sfortunatamente il suo amante. Considerata la popolarità di D’alessio da quelle parti, è durato un attimo il passa parola che ha creato seri problemi alla donna. Donna che aveva richiesto un risarcimento danni al Tribunale di Benevento, in prima istanza rigettato, poi ripreso dalla Corte di Appello di Napoli, che ha inoltre respinto il ricorso per cassazione della Sony. La donna  alla fine l’ha spuntata. Sarà risarcita.

Richiesta danni e motivazioni

Facciamo un passo indietro. La signora M.L. ha citato in giudizio, davanti al Tribunale di Benevento, la Sony e la G&G Production s.r.l. La richiesta di risarcimento danni, inizialmente, era legata alla mancata possibilità di trarre un utile economico dalla propagazione della propria immagine personale, con l’aggravante di lesione del diritto alla riservatezza, reputazione e immagine. Una richiesta con un ampio raggio di motivazioni. Motivazioni con aggravanti, secondo la parte lesa, per l’ampia diffusione del video, oltre che nei canali tv e on line, anche in formato DVD, abbinato anche alla rivista TV Sorrisi e Canzoni.

Il Tribunale di Benevento

A parere del Giudice di primo grado, il consenso dell’attrice era “presumibile”. La registrazione, è stata fatta in occasione di eventi svoltisi in pubblico. In sostanza, secondo il Tribunale di Benevento, la signora avrebbe potuto “scansarsi” per evitare di essere ripresa.

L’intervento della corte d’Appello di Napoli

La Corte di Appello di Napoli, pur confermando la competenza del Tribunale di Benevento ha accolto l’appello della donna. Per la combinazione tra art. 10 del codice civile. e art. 97 della Legge sul Diritto d’Autore, la divulgazione dell’immagine altrui è stata considerata abusiva.  Di fatto la Corte ha escluso il consenso implicito basandosi sulle modalità di esecuzione del video che, vero è stato girato su suolo pubblico, vero anche – e soprattutto – non è stato “segnalato” adeguatamente. Quagliando: non era stato allestito alcun set che indicasse chiaramente la presenza di telecamere.

La difesa di Sony

Il ricorso della casa discografica si è basata sostanzialmente sul consenso tacito della donna. Donna che, sempre secondo l’etichetta era pienamente consapevole delle riprese, avendo anche abbozzato uno sguardo verso la telecamera. Ricorso non accolto. Secondo la Cassazione infatti quello “sguardo” fu mera curiosità verso l’obiettivo. Decisione questa che potrebbe avere un notevole impatto su chiunque organizzi eventi, fiere, concorsi caratterizzati dalla presenza di fotografi. Fin qui tra gli addetti ai lavori vigeva la regola “guardare in camera equivale a dare il consenso“. Questa decisione impone dei distinguo.

La sentenza

La Cassazione, sulla richiesta della signora di ottenere un utile economico dallo sfruttamento dell’immagine, non ha accolto la richiesta. Illogica ed in contrasto con la lesione della privacy lamentata. Lesione della privacy invece appurata, considerando il danno procurato. Accolta anche la richiesta dei danni morali e danni alla reputazione. La donna era in fase di separazione dal marito, e con questa vicenda si è aggravata la crisi matrimoniale. Anche la Cassazione la vede così.

Una nota interessante è che in una sentenza che riguarda la riservatezza, non venga mai citata nemmeno per facezia la normativa che regola tutta la materia. Mi domando come mai. Diceva un politico che a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

Cosa dice il GDPR

Da quanto emerso nella sentenza della Cassazione, risulta evidente come la troupe che ha girato il video non abbia preso le corrette ed adeguate misure organizzative per trattare i dati.

Una violazione che automaticamente abbraccia l’articolo 5 – trattamento illecito, non trasparente e non corretto. Se, per dirla chiaramente, la troupe avesse allestito un set riconoscibile come tale, il soggetto avrebbe potuto prendere contromisure per non apparire nel video. Ma soprattutto se avesse esposto uno o più cartelli relativi al trattamento dei dati in cui avesse chiaramente spiegato che i video sarebbero stati ampiamente diffusi.

La violazione in questione riguarda proprio per questo gli articoli 12, 13 e 14 del GDPR, relativi alla corretta informazione del soggetto interessato. Circostanza che appare evidente non si sia verificata. Essendo assente l’informativa il soggetto interessato non è stato messo a conoscenza dei propri diritti sanciti dagli articoli da 15 a 22 del GDPR.

Rincariamo la dose. Lapalissiana appare la carenza di privacy by design dell’intero progetto, ai sensi degli artt. 24 e 25 del GDPR. Inoltre e infine, potremmo discutere anche del fatto che un simile video possa in qualche modo violare il disposto dell’articolo 9 del GDPR che vieta nella fattispecie di trattare dati sulla vita sessuale di un soggetto interessato o sul suo orientamento sessuale. Appare evidente che tali aspetti della signora in questione siano stati a dir poco diffusi.

Jaera team

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